lunedì 4 giugno 2012

Terremoto: "Ma non ce ne andiamo"



Terremoto, imprenditori senza azienda. "Ma non ce ne andiamo"

In mezzo al caos del post sisma ci sono anche imprese che resistono di fronte agli stabilimenti danneggiati e alla produzione bloccata. Idea ceramica: "Mettiamo in sicurezza tutto e ripartiamo presto. La nostra vita è qua"




Renzo Vacondio ci attende seduto sulla sua scrivania. Girato verso il computer col caschetto anti-infortunistico sulla testa sembra Salvador Allende con elmetto e mitra asserragliato alla Moneda intento ad affrontare i golpisti. Anche se per Renzo, l’imprenditore in elmetto, il nemico suo, e della sua fabbrica, è il terremoto. Lui, amministratore delegato della Idea ceramica di Finale Emilia, 140 dipendenti, lo affronta a viso aperto. Del resto il suo stabilimento ha tenuto. “Il lavoro deve andare avanti. Ora stiamo mettendo in sicurezza le parti dello stabilimento lesionate e nel frattempo facciamo le consegne delle piastrelle che erano pronte. Tre-quattro settimane e contiamo di riprendere la produzione. Aspettare cinque mesi vuole dire non ripartire più, parliamoci chiaro”.
Delocalizzare all’estero o in altre parti? “Una cagata – esclama Vacondio – conviene stare qua. Invece di portare via le fabbriche, perché non impariamo a costruire per reggere scosse ancora più grosse delle ultime? Magari l’antisismico potrebbe diventare un settore d’avanguardia italiano”. Sempre a pensare al lavoro questi emiliani.
Ora ci sono al lavoro solo impiegati, addetti alle consegne e operai di altre ditte che stanno controllando la condizione delle strutture. Dentro lo stabilimento ci si passa il meno possibile, almeno per ora. “Se un imprenditore aveva il capannone instabile e ci ha fatto entrare della gente – dice Vacondio riferendosi agli operai morti nelle due scosse – questa è una sua responsabilità. Un ingegnere ci pensa bene prima di dare il suo assenso per l’idoneità statica”.
di Annalisa Dall’Oca e David Marceddu


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